L'Ospitalità di Abramo, o la Trinità Angelica

(la seconda, Collezione Privata di Mons. Franco Cancelli)

(tratto da: “Corso Teorico-Pratico d’Iconografia”, del Prof. Andrea Trebbi)

L’Ospitalità di Abramo, o La Trinità AngelicaElemento importante per la lettura che ci apprestiamo a fare dell’icona, è il brano del Vangelo di Marco - (Cap. 10, vers. 41 e seguenti) – nel quale Gesù ci parla dei capi e del potere, in quanto ci aiuterà a risolvere un problema che si manifesterà durante l’analisi dell’icona.
La Sacra Scrittura cui l’icona fa invece riferimento è il brano della Genesi in cui si narra dell’incontro tra Abramo e i tre pellegrini che gli annunciano la nascita del figlio Isacco.
Nell’iniziare la lettura strutturale dell’icona in esame, al fine di comprendere il messaggio che è capace di esprimere, si rende prima di tutto essenziale capirne il titolo – “l’ospitalità di Abramo” – a significare l’accoglienza di Abramo per i tre sconosciuti che gli si presentano di fronte, titolo chiaramente rivolto al tema della xenofilia, all’amore verso lo straniero.
Altro titolo è “la Trinità Angelica”, ossia la manifestazione trinitaria di Dio che, per la prima volta, mostra ad Abramo chi è. Le ali dei tre personaggi conferiscono loro la caratteristica di angeli (anghelos = annunciazione), ossia portatori di buone notizie.
Dividiamo immaginariamente l’icona in tre settori verticali (stanze), corrispondenti ai tre personaggi raffigurati; gli elementi che stanno dentro ciascuna di esse corrispondono, hanno attinenza, dicono la stessa cosa del personaggio insieme al quale si trovano.
Nella stanza di centro notiamo l’albero, la quercia di Mamre, di legno come la Croce del Cristo, albero sia della vita, che ha dato frutto, ma anche albero del bene e del male, ambedue espressamente indicati nella Genesi, albero della vita inteso quale nuova occasione, per l’uomo, per cogliere il frutto della vita al quale aveva rinunciato nel paradiso terrestre, per scegliere il frutto dell’albero del bene e del male.
Nella stanza a sinistra vi è la casa di Abramo, a metà tra una casa regale, di pietra, con le colonne, e la vera casa di Abramo, che era una tenda, aperta, alla quale tutti potevano avere accesso, da ritenersi pure la casa del Padre, la nostra casa, la casa di tutti.
Nella stanza a destra è raffigurata la montagna quale luogo d’incontro tra Dio e l’uomo, secondo il progetto del Padre, quale punto d’unione tra due libere volontà, a garanzia che una è salita e l’altra è scesa per congiungersi, per incontrarsi, pur con cammini e difficoltà ben diverse.
Tali strutture che stanno alle spalle dei personaggi rappresentati si presentano con gli stessi movimenti dei personaggi medesimi. La casa è dritta come il Padre e l’asta che tiene in mano, l’albero è leggermente piegato similmente al Figlio e all’asta che sorregge, la montagna è curva, china, simile allo Spirito Santo che vi sta di fronte e all’asta piegata che Egli trattiene.
La casa in alto a sinistra guarda verso gli altri due personaggi come fa il Padre, e presenta una porta, aperta verso il buio, a significare la morte vista in senso positivo, attraverso la quale tutti dobbiamo transitare per accedere alla casa del Padre, lasciandoci alle spalle una cosa (la vita terrena) per iniziarne una migliore (la vita eterna).
La mano benedicente del Figlio raffigurato nel personaggio centrale sovrasta una coppa, chiaro elemento che ci riconduce alla figura del Figlio medesimo e del Suo sacrificio. Il tavolo sottostante sta a significare un altare, con una nicchia al centro, quale luogo di martirio in cui venivano poste le reliquie dei Santi, anch’esso a ricordare il sacrificio del Figlio, mentre la montagna riportata a destra, coi significati di luogo di incontro di due libere volontà, costituisce con chiarezza la carta d’identità dello Spirito Santo, in quanto ogni incontro tra l’uomo e Dio avviene sempre e soltanto in presenza dello Spirito Santo.
Ulteriore caratteristica che accomuna i tre personaggi nella Trinità è il cerchio ideale che li pone tutti quanti sullo stesso livello in quanto, pur essendo ciascuno una persona diversa, rappresentano insieme un’unica entità divina.
Di significativo e particolare interesse nell’esame strutturale dell’icona della Trinità di Rublev (da cui è tratta quest’icona), è la centralità della figura del Figlio, elemento che fa acquisire a tale personaggio una prevalenza, una maggiore importanza rispetto alle altre due laterali. Tale posizione, infatti, costituisce un problema teologico in quanto, tra i tre, il personaggio più importante, da far prevalere, dovrebbe essere indiscutibilmente il Padre.
Nell’icona della Trinità di Rublev è però altrettanto indiscusso che tale figura rappresenti il Figlio, sia per le vesti che sono quelle del Pantocrator, sia perché (e qui ci viene incontro il brano del Vangelo di Marco accennato all’inizio) che    recita: “chi vuol esser giusto deve essere servo di tutti”, a significare che il Padre, in quanto padre, si pone più in basso del Figlio, perché il figlio possa emergere e sovraordinare in tal modo su tutti e su tutte le cose.

Di strana, particolare e significativa importanza nel linguaggio iconografico è che proprio nelle sue difficoltà interpretative, proprio negli inciampi che sovente vengono a manifestarsi, proprio nell’apparente illogicità di quanto spesso ci si presenta di fronte, vi sono i messaggi più belli, i veri motivi ed i più profondi significati dell’icona. Sono proprio queste stranezze che attirano e stimolano l’iconografo e lo spettatore a chiedere risposta, a cercare spiegazione, cosa che l’icona e i brani dei testi sacri di riferimento sono sempre in grado di dare, e guai a cercare di normalizzare tali stranezze in una nostra realizzazione.
L’iconografo può definirsi pertanto un predicatore che attraverso le immagini propone al mondo la parola di Dio, un predicatore che dopo aver ascoltato quanto è stato riportato nelle Sacre Scritture, lo ripropone attraverso una propria personale preghiera fatta di tratti e di colori che vengono delineati e stesi sulla tavola apportandovi il frutto della sua meditazione, di tutto quanto è riuscito a cogliere nel mistero nei confronti del quale si è posto in ascolto. Soltanto dalla comprensione delle Sacre Scritture si rende possibile, tramite il linguaggio iconografico, tradurre in immagine e tramandare il pensiero di quanto si è capito dall’ascolto e dalla meditazione della parola di Dio.
Nella Trinità di Rublev lo spazio che vi è tra i tre personaggi raffigurati porta a riconoscere il contorno di una coppa, elemento di osservazione che niente di più aggiunge ai significati espressi dagli altri elementi presenti, ma che comunque è riconoscibile.
La coppa sul tavolo, invece, rappresenta chiaramente il mistero dell’incarnazione, da interpretarsi nel senso che la visita dei tre Angeli, che vengono accolti amichevolmente con l’offerta di una coppa, anticipa ad Abramo la nascita di Gesù, manifesta per la prima volta il mistero di Dio che si fa uomo.