(da: “Mille Santi del giorno”, di Piero Bargellini)

Sant'AgneseIl nome di Agnese deriva dal greco agne, che significa “casta”, ed è simile al nome agnus, cioè “agnello”. Nella storia della santità moltissime sono state le “Agnese”,  cioè le agnelle di Cristo, candide, miti e pure. La prima degna dell'agnello divino è l'Agnese martirizzata a Roma, si crede ai tempi di Diocleziano, cioè verso il 304. Secondo la concorde tradizione romana e greca, non era che una bambina di dodici anni, un boccio pudico, un'agnellina tenera e candidissima.
“In un corpo così piccolo - commenta Sant'Ambrogio - c'era posto dove  ferire?... Le fanciulle della sua età non riescono a sostenere lo sguardo irritato dei genitori; la puntura di un ago le fa piangere; Agnese offre tutto il suo corpo alla punta della spada, che il soldato brandisce con furore contro di lei”. Il sangue del suo martirio fece spiccare ancor più il candore della sua innocenza. Agnese  divenne così il simbolo del pudore e della purezza. Il suo nome fu ripetuto in tutti i sermoni sulla verginità; tutti gli inni esaltarono il candore del suo vello incontaminato. La leggenda naturalmente immaginò un infelice insidiatore della sua pudicizia, nel figlio voglioso del Prefetto di Roma. Agnese l'avrebbe respinto e perciò venne denunciata come cristiana. Il Prefetto impose alla bambina di sacrificare, con le altre vergini, alla dea Vesta, oppure di entrare tra le meretrici della città. Ma la piccola e intrepida Agnese ebbe più timore dell'idolatria che non della prostituzione, anche perchè sapeva di poter uscire intatta e immacolata dalla prova infamante. Spogliata, si rivestì dei lunghi capelli, manto regale della sua pudicizia. Condotta nel turpe luogo, nessuno osò insidiare la sua verginità. Una leggenda di origine greca narra anzi che un uomo più brutale degli altri, avvicinatosi alla fanciulla, cadde subito ai suoi piedi, privo di vita. Dopo questo fatto, Agnese venne di nuovo interrogata dal Prefetto, in presenza del corpo inanimato dell'uomo.  “Crederò a te e al tuo Dio - disse il giudice - se ridonerai la vita a quest'uomo”. Agnese allora, alzando gli occhi al cielo, implorò la vita per il suo attentatore e, al miracolo,  il Prefettto e molti con lui gridarono: “Grande è il Dio dei cristiani!”. Qualcuno però accusò la fanciulla di tenebrosa magia, e il martirio ebbe seguito. Non si sa però in che modo preciso Agnese suggellasse la prova. Il Papa Damaso, con la tradizione greca, parla di fuoco. Il poeta Prudenzio, con la tradizione latina, parla più verosimilmente di decapitazione. Ma nell'inno in onore di  Agnes Beatae Virginis, che si ritiene di Sant'Ambrogio, il poeta immagina la fanciulla sgozzata, proprio come una vera agnella, mite e immacolata. (E' questo il motivo per cui nell'iconografia spesso è raffigurata con una pecorella o un agnello, simboli del candore e del sacrificio). E dell'Agnello divino, la Martire bambina, bianca e vermiglia, è restata la sposa più tenera e più commovente. 

Preghiera a Sant’Agnese
O ammirabile Sant'Agnese,
quale grande esultanza provasti quando alla tenerissima età di tredici anni,
condannata da Aspasio ad essere bruciata viva,
vedesti le fiamme dividersi intorno a te,
lasciarti illesa, ed avventarsi invece contro quelli che desideravano la tua morte!
Per la grande gioia spirituale con cui ricevesti il colpo estremo,
esortando tu stessa il carnefice a conficcarti nel petto
la spada che doveva compiere il tuo sacrificio,
ottieni a  noi la grazia di sostenere con edificante serenità tutte le persecuzioni
e le croci con cui il Signore volesse provarci
e di crescere sempre più nell'amore a Dio per suggellare con la morte dei giusti
una vita di mortificazione e sacrificio.
Amen.