Madre di Dio di Filermos - Filermskaja
(da: "Le Icone bizantine della Madre di Dio" di Egon Sendler)
Sull’icona appare solamente la testa di Maria, leggermente voltata verso destra, con una parte delle spalle.
L’isola di Rodi, occupata nel 1050 dai veneziani, presa nel 1248 dai genovesi, venne venduta all’Ordine dei Cavalieri di San Giovanni nel 1306, chiamato in seguito Ordine di Rodi e più tardi di Malta. Nel 1306 i Cavalieri costruirono una basilica nella quale venne trasferita l’icona della "Madre di Dio di tutte le grazie" della città di Jalysos ai piedi del Monte Filermos.
Dopo quest’epoca, l’icona venne venerata come protettrice dell’ordine. Ma questo non era che l’inizio di un lungo cammino attraverso gli avvenimenti della storia.
I cavalieri di Rodi, assediati dal sultano Solimano II, dovettero capitolare per potersi ritirare liberamente.
Così, il giorno di Natale del 1522, il Gran Maestro dell’ordine prese l’icona insieme alle reliquie preziose dell’ordine, il braccio di San Giovanni Battista e una particella della Santa Croce e, dopo essersi fermato a Candia, Messina, Baia, Civitavecchia e Viterbo, la fece esporre nella chiesa di San Lorenzo a Malta, ricevuta in feudo da Carlo V nel 1530. Ma anche Malta venne assediata dagli Ottomani (1565). La situazione pareva senza vie d’uscita, perchè su novemila cavalieri non ne rimasero che cento. Di fronte a questo pericolo, il Gran Maestro pregò senza tregua davanti alla icona. Quando finalmente una colomba bianca apparve e si librò davanti all’icona per delle ore, i cavalieri compresero che questo segno annunciava la ritirata dei turchi. Dopo la liberazione dell’isola, all’inizio del secolo XVII, l’icona trovò un rifugio definitivo in una cappella del monastero San Giovanni della Valletta, dove i doni preziosi (anche una corona d’oro dell’imperatore) testimoniavano la sua reputazione. Nel 1798 cominciò una nuova tappa nella storia dell’icona: Napoleone conquistò l’isola di Malta cacciandone i cavalieri, che trovarono rifugio in Sicilia. Il Gran Maestro indirizzò allo Zar Paolo I una richiesta per recuperare Malta. Lo Zar Paolo I venne eletto Gran Maestro dell’ordine e venne creato il Gran Priorato di Russia, così che le reliquie e l’icon andarono in Russia dove vennero custodite nella chiesa del Palazzo d’Inverno. Malgrado la dissoluzione del Gran Priorato, nel 1852 l’icona continuò ad essere venerata dalla popolazione di San Pietroburgo. Ogni anno l’icona veniva portata in processione alla cattedrale di Gatcino dove si celebravano delle officiature per dieci giorni. Quando la vedova di Alessandro II, Maria Feodorovna, tornò nel suo paese natale, la Danimarca, prese con sè la icona di Filermos. Nel 1928, poco prima della morte, essa la affidò a un vescovo russo che l’aveva assistita nei suoi ultimi giorni. Il vescovo emigrò con l’icona in Iugoslavia e si perse ogni traccia. Una copia dell’originale è conservata nella basilica di Santa Maria degli Angeli. Quando nel 1912 l’Italia occupò Rodi, si cominciò a restaurare l’antica chiesa dei Cavalieri.
Il governo italiano domandò all’Unione Sovietica di restituire l’icona di Filermos. Visto che non c’era più l’originale, fu inviata una copia dell’icona, eseguita nel 1799-1800 su ordine dello zar Paolo I.
Questa copia è venerata ad Assisi, non soltanto dalla popolazione della regione, ma anche dai pellegrini venuti dal Dodecaneso e dall’isola di Rodi.